È inutile piangere sul latte versato, è inutile illudersi che qualcosa prima o poi finisca.
Il mio secondo blog è stato scoperto dalla mia ex, e tanto per cambiare è stato usato contro di me.
L'alternativa è ricominciare da zero, cambiare nick, cambiare vita, cambiare identità.
Un alter ego, un Adriano Meis, che permetta ai miei pensieri di viaggiare sui fili della rete, semplicemente perché troppo vivaci per stare rinchiusi in un diario, e non abbastanza interessanti da riempire le pagine di un libro, o qualche giornale.
Beh comunque sia splinder mi stava antipatico, l'interfaccia non è ai livelli di blogspot, anche perché non permetteva di salvare le "bozze" dei miei sproloqui.
E quindi eccoci qui, con un nome fin troppo brit, che rappresenta il mio punto di riferimento virtuale, una valvola di sfogo e un luogo dove confidare le mie esperienze quotidiane, questa volta però cercando di mantenere il massimo anonimato possibile.
Mi è stato già chiesto perché, se scrivo su internet i cazzi miei, devo prendermela se li legge anche chi non vorrei. Il problema è che chiunque può venire qui a leggere tutto quello che vuole, magari ridersela anche, ma c'è solo una persona che non sa comportarsi con me, e questa persona ha un attaccamento così morboso e indisponente nei miei confronti da costringermi alla fuga.
Che già una volta è fallita.
E allora connettendo questo filo virtuale che unisce i miei tre blog, filo di cui soltanto pochi sapranno il vero percorso, voglio ripartire raccontando la giornata di oggi (cioe' ieri).
Innanzitutto ho dormito troppo. Per gli altri e per il lavoro però! Dopo una sana pera d'aspirina (causa odiosa influenza) mi sono ficcato a letto, dormendo 12 ore filate. Oggi mi sono alzato come un leone, l'influenza un pallido ricordo (giusto un po' di raffreddore), e la mente in fermento.
Il calderone bolle come non mai e, peggio di una fattucchiera, sto preparando queste ultime settimane che ci separano da Natale e la fine dell'anno.
Partiamo con "She's electric". L'ho rivista, e ho sentito nuovamente quei sentimenti, quelle sensazioni, che non ricordavo da un bel po'. Non so se si possa catalogare come infatuazione, ma diciamo che il desiderio di conoscerla meglio, di incontrarci, di prenderla per mano e portarla sul mio "rollercoaster" è molto forte. Questa intenzione, questa voglia di aprirmi e permettere a qualcun'altro di condividere con me le folli visioni che ho della quotidianità, non mi capitava da tanto tempo. Perché diciamocelo, crescendo si ha sempre meno l'intenzione di sbilanciarsi, e mentre da piccoli cadere fa parte del gioco, quando si diventa più maturi nessuno è disposto a passare per coglione, principalmente per motivi d'orgoglio, figuriamoci quando in ballo c'e' "she's electric".
Con lei no, anche se ho visto nel suo sguardo un chiaro messaggio, che dice "so cosa sono, non sei il primo"... e non mi stupisce: è davvero bella. Questi suoi modi di fare un po' timidi e fragili, ma mai da "gatta morta" sono proiettili a bruciapelo. E la "maiolica" che mi porto in petto non ci ha messo troppo a cedere. O quantomeno a far sapere ai piani alti (tra le orecchie) che tocca darsi da fare!
Ma quassù i cassetti sono vuoti, quindi l'unico sistema che mi passa per la testa è trovare il classico coniglio da tirare fuori al momento opportuno. Ho venti giorni circa, me li farò bastare per inventarmi un sistema di stupirla ancora, come ho fatto ieri e come ho fatto due settimane fa. Speriamo bene, viceversa un altra tacca sul suo fucile, e un altro coglione che deve cambiare mestiere. Con le donne.
Di palo in frasca: stasera mi sono gustato i "Groovinators", ovvero Gegè Telesforo e la sua skillatissima band. Hanno suonato al Big Mama, un buco, e l'hanno imploso. Praticamente è crollato il palazzo. Là in mezzo ero visibilmente il più giovane, e il meno fomentato, mentre agli altri tavoli c'erano donne che potevano essere mì madre, fomentate come bestie, a fischiare, applaudire e saltare con le rifinitissime note del gruppo. Davvero un concerto coi fiocchi, qualcosa di irripetibile, e frutto di personalità artistiche che si sono rivelate nella loro incredibile "alterità".
Parliamo di musicisti che girano il mondo, suonando nei concerti più belli, che preso in mano lo strumento riescono a far vibrare anche l'asse terrestre. Fuori dal locale li vedi così, un po' malvestiti, con la gobba per la loro cattiva sopportazione della quotidianità, uno sguardo sfuggente, il chiaro indizio che sono incompleti, "in mutande".
Una volta saliti sul palco, preso lo strumento cambia radicalmente la postura. I trapezi (i muscoli che uniscono il collo alle spalle) sono rilassati, gli occhi che guardano con una tranquillità insospettabile, la gobba che sparisce. Gegè dà il quattro, schioccando le dita, e comincia il concerto. All'inizio si vede che giocano: si guardano, se la ridono, c'è l'intesa dei professionisti, artisti, che con una sola occhiata sanno trasmettersi pagine e pagine di spartito. Il mood, il groove come lo chiamano, comincia a materializzarsi, quasi lo tocchi, e a un certo punto puoi scommettere di vedere un'aura, una luce, che li avvolge e li connette, creando una sfera unica: Gegè, i groovinators, i loro strumenti, gli spettatori, e perfino le colonne e i muri del Big Mama.
E allora ogn'uno di loro "esce dal coro" e si prende il suo assolo. C'è il basso, che comincia a mettere in sequenza note impossibili, veloci ed accurate. Ma non fa da solo, c'e' Dario che lo suona, e vedi una sorta di essere sovrumano. Smorfie della faccia, contrazioni e scatti che vedresti su un folle, il viso grondante e il pubblico letteralmente in visibilio. Poi c'è Marcello alla batteria, che quando comincia a sfracellare i trentaduesimi sbarra gli occhi, comincia a saltare sul sellino e spacca tutto. Davvero, quella povera batteria l'ha esplosa, distrutta. Mai visto nulla di simile, con Gegè sotto che dirige, guarda, agita le braccia, suona il tamburello, e canta con quel modo tutto suo i brani che ho riascoltato decine di volte per fare il suo video. E non erano così belli.
Poi è toccato a Fabio, che con la chitarra non è secondo a molti: suona sempre ad occhi chiusi, lui non ha bisogno di Gegè che lo guida. Sa già cosa deve fare, accompagna, guida, riempie i suoni degli altri, camminando leggero sul suo manico, per farci respirare note che non avevo mai sentito prima.
Forse sono troppo ignorante per capire cosa ho vissuto, ma sono sicuro che questa è stata un'esperienza irripetibile.
Che dire? Ho cominciato a scrivere con il colpo di tosse che precede Wonderwall, ora sento le sottili onde che accarezzano Champagne Supernova. Direi che è giunta l'ora di dormire, oggi chiuderò gli occhi con la sensazione, per la prima volta, di aver visto e toccato la musica, oltre ad averla ascoltata.
The world's still spinning around, we don't know why .