Are you gonna be the one who saves me?
04 dicembre, 2005
You may be a lover but you ain't no dancer
E anche quest'anno abbiamo messo la tacca del motorshow.
La giornata di venerdì è stata una delle più lunghe che abbia mai fatto, oltre ad essere una delle più divertenti e affaticanti.
La sveglia ha suonato alle 5 e 45 (sei meno un quarto), quando fuori tanti ancora dormono, e il sole ancora non s'è fatto vivo.
Partenza alle 6 e 20, alle quali puntualmente il Gatto si è presentato con la sua rombante M3. Tappa a casa di altri due compagni di viaggio (il principe e il vallesoccia) e poi a tutto gas sull'A1, che ci ha accolto immersa in una sana bruma mattutina, e un traffico di auto e camion niente male.
Il viaggio è stato una volata, l'ingresso senza problemi (ho i miei agganci) anche se era una giornata riservata agli operatori, la manifestazione il solito sperpero di denaro aziendale, senza un particolare fine.
Il vero motivo che ci ha spinto ad andare fin lì sono le donne, non nascondiamocelo. E in realtà non andiamo lì per cercare la qualità (un po' tutti e quattro abbiamo amiche tranquillamente al livello delle osannate standiste del Motorshow), ma la quantità. Eh sì: ci sono belle ragazze ovunque, praticamente ovunque volgi lo sguardo c'è qualcuna a cui chiederesti di concederti anche solo cinque minuti di attenzione, per soddisfare il tuo gusto estetico.
Il vero problema è che potevano anche metterci delle sagome di cartone semovibili: a parte qualche sorriso, qualche occhiata, qualche stupido gioco di parole, fanno parte dell'arredamento del Motorshow, come le macchine, i palchi, le luci e i maxischermi al plasma. Inoltre la loro "posizione dominante", frutto di una stupida venerazione degli avventori, le mette in una condizione di inavvicinabilità che raggiunge a volte il ridicolo.
Entrando nel merito, anche loro sono lì per la quantità e non la qualità: sono sicuro che la maggior parte delle "hostess" del Motorshow prova piacere a sentirsi tacchinata tutto il giorno per tutti i giorni della manifestazione e, ovviamente, a dire di no a tutti, senza sentirsi in colpa perché lei non è lì per giocare al gatto col topo. E le pagano pure.
Quindi che ci andiamo a fare? Rosicare e basta: puoi anche parlarci, puoi anche scherzarci, e anche tornarci il giorno dopo. Ma "concludere" qualcosa, anche solo un innocente aperitivo, è opera ardua, per svariati motivi: il primo è che, essendo molto carine e a volte anche semplici nei modi, hanno già il ragazzo che -ovviamente- le marca strettissime in quel periodo. Poi c'è il problema tacchi e fatica: la maggior parte di loro deve passare la giornata in piedi, in tacchi severissimi, mangiando poco e annoiandosi molto. La soluzione è il classico plaid+ciabatte (dichiarazione raccolta due anni fa quando mi sono fatto tutta la settimana allo stand e ho fatto amicizia con tutte le standiste), ben lontano da una serata che potremmo offrire da illustri sconosciuti.
Infine ci sono le responsabili dello stand: la maggior parte impone -per contratto- che le standiste parlino dei mezzi esposti, e non si deve "dare spago" ai tacchini di turno.
Insomma, dopo circa sette ore di interminabili scarpinate ci siamo accorti di aver visto tutto, di aver concluso ben poco con le standiste (impresa a dir poco ardua girando in quattro, cazzoni e pischelloni, e senza ritegno alcuno), e di essere molto stanchi.
Ma questo è stato solo l'inizio: ci aspettava la notte.
Tornati verso in nostri rispettivi alloggi (Delano) abbiamo approfittato non sessualmente di mio cugino che, bolognese fancazzista doc, ci ha subito proposto un paio di alternative per passare la serata (che dopotutto era un venerdì).
Quindi ci siamo occupati della cena (alla Ghislera in Via Zanardi, subito fuori l'anello della tangenziale): tartufo ovunque, anche negli antipasti, vino rosso "very strong", e tacchinamento anche alla cameriera che -probabilmente- odiandoci non ci scorderà tanto facilmente. I discorsi ovviamente sono andati a parare il nostro senso di frustrazione accumulato durante la giornata al Motorshow: è altamente probabile che i nostri vicini di tavolo si siano chiesti se poi saremmo andati "da uno bravo" per farci curare. Quando ne basterebbe "una brava" e un po' di roipnol.
Ci siamo alzati traballanti dalle nostre sedie, abbiamo pagato un misero conto (davvero poco per quanto e come abbiamo mangiato), e ci siamo riavvicinati al centro, in piena zona universitara, nel cantone di Viale Zamboni.
Da qui in poi i ricordi cominciano a vacillare, sia perché il tasso alcolico è stata un'escalation continua, sia perché la fatica -benché anestetizzata dall'alcol- mi ha fatto vagare in uno stato di ebete stordimento, camminando dietro l'esperta guida di mio cugino, e facendo tappa in un locale abbastanza carino dove suonavano dal vivo le musiche di Pollon, Tigerman e Merry Christmas. Follia pura, rum e cola alla goccia, che non so come ho fatto a non "sgattare" insieme alla cena (come dicono qui), balli e gomitate ovunque. Il motivo per cui ci siamo fermati lì sono -ancora una volta- le standiste. Quelle più strong, le più forti, quelle che dopo una giornata in tacchi a spillo passata a domare tacchini si fanno una doccia, si cambiano, e tornano in pista, questa volta tra amici. Che ovviamente sparano a vista.
Usciti da questo locale siamo ritornati alla meta iniziale, il locale dove "Jac" (per gli amici) ci aveva riservato un tavolo.
Qui è importante sottolineare che per interminabili attimi (erano circa le 2) era partita la folle idea di andare a Milano Marittima, alla Capannina, giusto per farci spennare un po' in trasferta. In realtà ci siamo accontentati di questo locale (ho rimosso il nome) che dava tavoli a prezzi infinitesimali rispetto a quanto si spende qui a Roma.
Alla fine siamo entrati alla Puff Daddy, ci hanno dato "il tavolo più figo del locale" (due panchette e un tavolino che si affacciavano sulla gremitissima pista), ci sono piovute in testa un po' di consumazioni e una boccia di Absolut.
Inutile dire che ci siamo prodigati in balli orgiastici insieme ad una comitiva di spagnole erasmus che si sono allegramente mischiate alla nostra folle ebrezza, ignare del fatto che per interminabili attimi hanno quasi rischiato la vita!
Ci siamo divertiti a fare un casino che lì era talmente insolito da farmi credere che da un momento all'altro ci avrebbero lapidato e/o linciato. L'episodio tristemente saliente è quando ho strattonato mio cugino per dirgli una cosa (che neanche ricordo), e lui è rovinato di nuca sullo spigolo del tavolino che ci eravamo presi.
Fortuna che eravamo tutti anestetizzati dall'alcol perché gli ha dato una botta che ad una persona normale avrebbe aperto in due la testa. Davvero non so proprio come abbia fatto quantomeno a non svenire, mentre noi -ovviamente- ci rotolavamo sul pavimento dalle risate. Da sentirsi male.
Ad un certo punto hanno deciso che la serata era finita, ed hanno cominciato a cacciarci dal locale. Siamo passati dal guardaroba, ci siamo ripresi le nostre proprietà, e ci siamo avviati per la colazione.
Eh sì, la mia giornata stava finendo, dopo una tirata di circa 24 ore (forse qualcosa di più), durante le quali ho fatto il viaggio Roma-Bologna, ho visitato il motorshow, sono stato a cena in un ristorante da paura, mi sono ubriacato in un disco-pub, e ho ballato fino allo sfinimento in una discoteca.
Ho guadagnato il letto verso le 6 e qualcosa, con gli occhi ridotti ad una fessura, uno stupidissimo ghigno stampato in faccia, e mio zio che tra l'indignato e il rassegnatamente divertito mi ha fatto "buongiorno", a cui ho biascicato qualcosa che forse assomigliava ad un "altrettanto"...
Qualche mese fa mi lamentavo del fatto che non ho più la forza e la potenza dei miei vent'anni (come se ora ne avessi sessanta). Beh mi sono smentito da solo, la forza c'è, il fegato anche: non ho sgattato nulla, mi sono alzato 5 ore dopo senza neanche il mal di testa.

E la nostalgia di quando, con molto meno, ci divertivamo e ci ubriacavamo uguale.
 
posted by Stefano at 16:10 | Permalink |


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