...e anche quest'anno è arrivato il Natale. O meglio, sta iniziando la settimana natalizia, quella che da bambini tanto aspettavamo e che adesso ci piomba sulla testa senza che quasi abbiamo rimesso nell'armadio i costumi di quest'estate.
Ai tempi del liceo c'erano vari step: settembre da dedicare alle pubbliche relazioni, per le persone che in un'estate erano cresciute ed erano meno sfigate. Ottobre per gli amori: riaprivano i locali (Gilda, Alien), e cominciavano i primi intrecci sentimentali, tresche, litigi. A Novembre invece toccava studiare: era in arrivo il pagellino del primo trimestre, e i bagordi di ottobre passati a casa della donna dovevano essere ridimensionati. Novembre era anche il periodo di crisi di coppia: cominciava a fare freddo, il vento di ottobre non accarezzava più il viso e le braccia, ma cercava di penetrare il grosso cappotto che dovevamo portarci addosso. Anche il motorino cominciava a fare polvere, e quindi veniva meno la voglia di andare a prendere la nostra lei per passare il poco tempo rimasto insieme. E poi neanche si faceva in tempo a posare la cartella a casa che era dicembre, inoltre con il ponte dell'8 e le vacanze dal 20 i giorni volavano.
Dicembre è sempre stato un mese particolare: da piccoli si scriveva la letterina a Babbo Natale, e si aprivano le finestrelle al calendario con i cioccolatini dentro. Casa accoglieva un enorme albero luminoso, e un presepio con la culla vuota, in attesa della nascita di Gesù.
Poi un po' più grandi si doveva fare i conti con la triste realtà che Babbo Natale, le sue renne, i suoi folletti e la sua barba bianca erano un "gioco", un'invenzione di chissà chi. Per tutti i bambini è una tappa fondamentale: scoprire che Babbo Natale non esiste significa crescere, e soprattutto significa avere la prova inconfutabile che anche i genitori dicono le bugie. E dopo anni passati a beccarsi punizioni per aver detto bugie uno che doveva pensare?
Ricordo ancora quell'anno in cui mamma e papà, con le facce serie e risolute, mi chiamarono a raccolta e all'insaputa di mia sorella (di un anno più piccola, quindi con un anno ancora di sogno), mi dissero chiaramente "ste, Babbo Natale non esiste". Punto. Non sapete che brutto scartare i regali quell'anno. Regali che anziché essere partiti da chissà dove, erano usciti dal solito negozio di giocattoli, pagati con la tredicesima di mamma e papà. E non saprei descrivere con quali occhi vedevo in mia sorella il sogno ancora vivo, le sue mani scartavano un pacco fatto da folletti al gelo del polo nord, trasportati in slitta trainata da renne volanti. Mentre io strappavo un nastro applicato in qualche negozio di giocattoli, o una carta avvolta con tanto amore da mia madre. Che però non era Babbo Natale.
Pensare che da piccolo già mostravo la mia terribile razionalità, ed ero arrivato a fare propaganda pro-Babbo Natale a scuola dicendo che alcuni giochi (quelli di plastica e stupidi) ce li compravano i nostri genitori, ma quelli belli, che piacevano anche ai grandi (trenini di legno, peluche sofisticatissimi), quelli sì venivano da lui, perché lui sapeva fare regali che piacevano a tutti, anche ai genitori. I regali più belli, quelli che non morivano con l'epifania, erano suoi. Erano bellissimi... ma d'altronde era un professionista!
Ricordo anche l'anno dopo la "rivelazione" della sua inesistenza: andai con mamma e papà in un enorme centro commerciale, con decine di scaffali, i carrelli, il posteggio fuori per centinaia di macchine... solo che al posto delle solite scatolette e cibarie varie, c'erano solo giocattoli. Pallet interi di bambole, lego, trenini elettrici. Tutti uguali, e anziché essere addobbati e imbellettati come i negozi normali, erano ammucchiati ovunque. Quell'anno anche mia sorella avrebbe saputo la verità, ma non potrei scordare le facce di bambini molto più piccoli di me che giravano smarriti in questo girone infernale, in questo magazzino di giocattoli dove mancava solo Babbo Natale impiccato alla cassa. Toccavano tutto con triste disinganno, e mi ricordo che neanche io ebbi la forza di chiedere qualcosa. Dovevo scegliere anche il mio regalo, ma non volevo nulla.
Ma il tempo passa, e tornando ai tempi dell'adolescenza, Natale diventa il periodo in cui non si deve studiare, e chi è sopravvissuto a Novembre può tornare a dedicare tempo alla propria donna, farle un regalo (magari il primo regalo importante), il primo bacio "vero" sotto il vischio. Le prime volte in cui due corpi infreddoliti dividono la stessa coperta, e si scaldano l'uno con l'altro vivendo solo del respiro dell'altro. Momenti che scorrono nelle vene, che ti porti sempre dentro, attimi di vita che vivono come un album di fotografie nella tua testa. E quando dici "Natale" ripercorri i sapori e gli odori, i profumi di quel maglione, la ruvidità della carta che ha avvolto il regalo che tanto avevi voluto, lo strettissimo abbraccio che accompagna il senso di appartenenza reciproca. Momenti colorati di rosso e di bianco, di piccoli cherubini che portano una candela o una tromba, di dorate stelline attaccate alle finestre, di luminosi e luccicanti rami dell'abete natalizio.
Questo per me sarà il ventiseiesimo Natale, e non vorrei passarlo come gli ultimi quattro o cinque. Dove anche il vischio, l'albero, i regali sono diventati routine. Il ritmo serratissimo, il lavoro, l'unversità ti trasformano in una locomotiva che anche quando non spinge "campa d'inerzia", e corre sempre più veloce sui binari della vita. Passando a tutta velocità su incroci e scambi. Scambi che magari passano inosservati, ma potrebbero farci prendere una strada forse migliore.
E non si può mai tornare indietro.
Avevo sei anni, e passai un Natale che non scorderò mai. Ero "cattivo", andavo male a scuola, la maestra voleva lasciarmi dall'insegnante di sostegno. Avevo imparato a leggere e a scrivere.. che altro dovevo sapere? Mi portavo i giochi a scuola e anziché stare seduto al mio posto giravo per la classe, giocavo, picchiavo i miei compagni (come all'asilo) e se la maestra provava a prendermi la strattonavo e la prendevo a calci. Una peste.
Quel 25 dicembre mattina (ancora non era sorto il sole) mi alzai dal letto, svegliai mia sorella, e cominciai a cercare un pacco con il mio nome sotto l'albero. Sapevo leggere, quindi dovevo fare il lavoro anche per mia sorella. E lei scartò tre regali. Già giocava, e io cominciavo a cercare sopra i mobili, sotto le sedie, riguardai per decine di volte sotto gli altri pacchi, dietro l'albero.
Quell'anno Babbo Natale non mi portò neanche un regalo, ero stato troppo cattivo.
Sarà un professionista, ma è pure stronzo!
sono sveglia da poco....sto aspettando una telefonata che non arriva...leggere il tuo blog è stato così piacevole...
...intanto il telefona non squilla...
With six months off for bad behaviour
Remember me when you're the one you always dreamed (special needs - placebo)