Are you gonna be the one who saves me?
27 marzo, 2006
Spring Incoming!
Oggi niente "colonna sonora ufficiale", anche se effettivamente nelle mie cuffie c'è il Lenny che mi ha visto crescere (5).
Voglio parlare della primavera.
Quella che ti risveglia un po' i sensi, che ti fa odiare le ciabatte, che ti fa guardare di che colore sono gli occhi delle tue amiche. E che finalmente ti fa chiudere nell'armadio il giaccone imbottito. Non lo sopporto più!
Prima tappa: 21 marzo. Ufficialmente data dell'equinozio di primavera, ma giusto sul calendario visto che il teporino è ancora timido nelle sue apparizioni, e questo cambio di stagione sta tardando come non mai.
Seconda tappa: moto! Sostantivo femminile, ovvero la (mia) moto. Che occhieggia in garage, che mi vuole, che l'ho portata a spasso qualche settimana fa, che vuole un centauro degno di lei. Forse lo sono, forse no, non me lo dirà mai. E poi è gelosa della nuova arrivata, la TT, moto da fuoristrada semplice e diretta, non corre troppo, è sfacciatamente facile da guidare, leggerissima nel traffico e poco appariscente. Tutta un'altra cosa insomma.
Terza tappa: l'ora legale! Oggi 60 minuti "in più" di luce... e altrettanti in meno di sonno. Il passaggio all'ora legale è una tappa che sancisce ufficialmente l'inizio della prima"vera", cioè niente più aperitivi al crepuscolo, ma locali all'aperto, maglioncini in cotone, sole che scalda e pance/ombelichi che ricominciano a fare capolino.
Probabilmente sarà l'ultima da studente, l'ultima passata tra autobus e Borgo Pio, l'ultima con il quadernino in tasca e soprattutto l'ultima immersa in un ambiente così giovane, un po' ingenuo, ma fresco creativo divertente e fancazzista. Chissà, magari tento la strada dell'assistente.. sarebbe bello.
Quarta tappa: la MotoGP. Io sono uno dei senatori, di quelli che vedeva il motomondiale prima che Rossi (tra l'altro mio coetaneo) vincesse quello che ha vinto, e prima che Biaggi vincesse tutti quei mondiali in 250.
E il motomondiale è un appuntamento che attendi tutto l'inverno, che riparte ai primi segni della bella stagione. E che nel mio caso è una sorta di spartiacque tra il cappotto e lo spolverino.
Quinta tappa: il mare! Lo sento, ogni volta che c'è ponente, quel profumo sottilissimo, quella lieve salsedine che arriva fin qui. È un richiamo che mi fa soffermare lo sguardo sull'orizzonte, là dove tramonta il sole, un'insenatura priva delle seghettature in calcestruzzo della mia città. E che poi mi fa voltare verso le mie tavole, che tengo qui in camera, che sono "in rimessaggio" e attendono solo un po' di paraffina per tornare a planare tra le onde. Le onde che provengono proprio da lì, dove il sole si immerge nel mare.

Detto così questo blog sembra un viaggio, ma nella testa ricominciano a bollire programmi idee e propositi che erano finiti sotto naftalina, insieme alle t-shirt, e che oltre a quanto detto in precedenza (a proposito di viaggi) includono le vacanze estive.
Riuscirò a partire single, soprattutto "nella testa" (oltre che di fatto, come l'anno scorso)?
Sotto sotto spero di no...
 
posted by Stefano at 01:09 | Permalink | 3 comments
21 marzo, 2006
Sonnet
Weekend indimenticabile.
Inutile aggiungere altro, ogni parola spesa in più sarebbe per certi versi superflua. Certe cose le parole non possono dirle, certe storie non possono raccontarle, non si fanno capire.
Quindi questo blog non sarà un'altra pagina del mio diario virtuale, un po' perché una pagina non sarà mai abbastanza; un po' perché non avrò bisogno di blog, diari o quant'altro per ricordarmene.
Immagini, suoni, odori e sapori resteranno fissati dentro di me, credo per sempre.
Come quei quadri quelle statue dove un sorriso, un gesto, un bacio restano fissati nella loro perfezione per l'eternità.
Quadro dipinto con gesti, parole, e sguardi. Vissuto da dentro.

Poi c'è la realtà. Un mondo a parte, un cosmo infame che ci riporta con i piedi per terra, ricordandoci quanto il terreno sia impervio, quanto muovere i passi sia faticoso e difficile, come se tante piccole mani ci afferrassero per le caviglie, con il solo intento di farci cadere.
Come quando si scende dall'aereo al Terminal A di Fiumicino, con l'odore di paesi esotici ancora in valigia, enormi nuovoloni grigio scuro, pioggerella sul volto abbronzato e sconvolto da tanta solida bruttezza.
Ma cento volte più devastante.
Perché cento volte più bello ricordare quello che è accaduto solo una manciata di ore prima.
E scoprire come un'ora di vita vale mesi di esistenza, come una boccata d'aria "viva" valga cento sedute in camera iperbarica. Come un sorriso ti faccia scoprire un mondo tapino, che si trascina dietro futili surrogati di pseudofelicità quotidiana.

Che fanno parte della vita di ogn'uno, perché dopotutto il passato che ci ricordiamo è una "raccolta di attimi", ma in realtà tutti questi attimi sono intervallati dal solito incespicante incedere sui sentieri della vita. Che a volte si incrociano tra di loro.
Non mi resta che Sonnet, forse il pezzo più bello dei Verve.

Why can't you see
That nature has its way of warning me
Eyes open wide
Looking at the heavens with a tear in my eye
 
posted by Stefano at 22:45 | Permalink | 7 comments
16 marzo, 2006
What if?
Ok, ok, è un po' che non mi faccio vivo.
Di cose ne sono successe, ma forse il loro posto non è tra queste righe.
Quello che invece finirà tra queste righe sono i miei recenti accadimenti routinari.
Il primo riguarda l'Art. Non ci sono più stato dopo quel memorabile venerdì. Nessun problema, se non fosse che non ci sono più stato neanche per lavoro. Devo cominciare a sospettare che qualcuno non abbia apprezzato i miei temporanei exploit di protagonismo.
Ma poco cambia, non è completamente grazie a loro che mi sono divertito così. Farò a meno di tornarci, se dovesse rendersi necessario. E non mi dispererò per questo.
Di contro ho riallacciato i rapporti con gli amici dell'università. Il tempo passato con loro ha risvegliato la voglia di cazzeggiare insieme, di condividere quelle passioni cosi' leggere, limpide, e quel modo di vedere la realtà privo di sfumature chiaroscure, che vede tutto bianco, e non si sofferma neanche un attimo sul nero.
Inoltre i seminari, le frequenze, i project work hanno innescato di nuovo i giri di telefonate e uscite serali. Insomma anche quest'anno non ci siamo sottratti alla dura vita dello studente, che si dispera se c'è lezione alle 9, e se può dorme fino all'ora di pranzo (o anche più).
Poi c'è la stagione in corso. L'inverno quest'anno ricorda un po' l'Antonio Fazio del calendario, sembra che ormai nulla lo possa trattenere dov'è, ma improvvisamente imperversa con nevicate, piogge e freddi polari. Il risultato è che le difese immunitarie non ci capiscono più un cazzo, e se una settimana fa andavo in giro in moto e il Woolrich era bandito, oggi il sole non s'è visto.. e io non l'ho neanche cercato.
Eh sì, mi sono beccato l'influenza. L'ho presa sottogamba, e i primi giorni di questa settimana sono andato in giro senza ritegno.
L'ho pagata: adesso ho la febbre, sana tosse, e il "doc" mi ha ammollato gli antibiotici che usano con i cavalli. Praticamente mi ha garantito perfetta guarigione in massimo 4 giorni, ma questi tre (oggi sono al secondo) saranno all'insegna dello stordimento. Poco male, sono stordito di mio, troverò il modo di non fare troppo la vittima domani.
Già domani.
Scappo, vado a Bologna, mi aspetta un weekend davvero particolare. Che non racconto.
Dico solo che ho una cena di lavoro, una festa, dei brillanti compagni di viaggio, e un incontro tutto particolare.
A cui dedico il titolo del blog (e la canzone), un brano dei Coldplay davvero speciale.
 
posted by Stefano at 18:49 | Permalink | 0 comments
05 marzo, 2006
Cigarettes and Alcohol
Un titolo dolceamaro, un singolo di enorme successo degli Oasis dei tempi d'oro.
Una canzone che parla alla working class inglese... ma forse a tutti noi in cerca di Eldorado del divertimento.
Venerdì serata indimenticabile, divertentissima, sregolata ed eterosessualmente trasgressiva (meglio specificare).
Tutto è nato che volevo restarmene a casa, settimana pesantemente noiosa, priva di interessanti "colpi di scena", direi praticamente banale.
Eppure gli spunti non sono mancati: martedì grasso che mi ha chiamato a gran voce (ma non ho risposto), l'inzio di San Remo da demolire, un paio di progetti in attesa di approvazione al lavoro, il tempo che finalmente mi ha fatto riprendere la moto, l'application per uno stage alla Procter&Gamble.
Forse mi sono un po' nascosto, forse non sono andato fino in fondo, ma ho accumulato dentro una forza che non avevo ancora conosciuto fin'ora. Una spinta a voler superare il limite che, questa volta, è riuscita ad avere una forma d'espressione. Un flirt spinto e divertentissimo davanti a tutti, perfino all'indiscreta telecamera del Marchese che ha il compito di riprendere i fatti più trasgressivi e matti dell'Art.
Venerdì i protagonisti eravamo noi.
Voglio cercare di fare un po' di analisi, per capire cos'ha sbloccato questa "forza" un po' seduttiva, un po' trasgressiva, sicuramente insolita del mio io. O forse semplicemente "sepolta", chiusa da qualche parte e che mi ha fatto davvero volare, sentirmi libero.
Da una parte la primavera che, nonostante questa grigissima domenica, ha cominciato a farsi viva. A parte gli uccellini che cantano, quello che mi ha risvegliato è l'arietta frizzante del primo pomeriggio, quella che non ti graffia il viso ma te lo accarezza appena esci di casa o dall'uni, che ti fa venire voglia di chiamare tutti e tutte, di giocare a pallone, fare surf, due pieghe in moto o semplicemente sedersi su una panchina immersa nel verde a programmare le vacanze.
Poi c'è la moto, che mi ha atteso voluttuosa in garage per ben tre mesi, quasi quattro, ed è partita al primo colpo. Anche qui ho riscoperto come un mix di metallo e plastica possa metterti le ali, una ex che non hai mai lasciato che ti aspetta, e sai già quanto sarà bella ogni sua risposta ad un tuo gesto. Con in più il piacere della riscoperta. E delle impennate ;-)
Poi c'è l'università. Sono ricominciate le lezioni, e quindi la necessità di rimettersi in gioco umanamente (e stilisticamente, lì sono tutti targati D&G e CK), riallacciando rapporti, amicizie, chiacchiere... e giochi di sguardi e attrazioni che la sessione invernale aveva chiuso in un cassetto.
Poi c'è il senso dell'ultimo tango, l'ultimo giro di calendario, l'ultimo anno passato a dover leggere un libro e ripeterlo, perché poi arriva la tesi, un paio di colloqui e ci si rivede alla pensione.

Fatto sta che io scherzando dico sempre alle mie amiche che cerco di lasciare il testosterone a casa o (in caso di caccia fortunata) in macchina, perché quando comanda lui sono guai.
In realtà non sono guai, sono io che forse divento più "io" e un po' meno "me", cioè la versione che gli altri si aspettano di vedere quando mi incontrano.
Ebbene, questo "me" sta cominciando ad avere il ruolo di una suocera bacchettona, che mi vuole benvestito, ben inquadrato, un po' sfigato e defilato, che è amico di tutti, che rinuncia alle proprie gratificazioni per non inimicarsi qualcuno... e poi c'è l'io, quello che purtroppo viene fuori solo se mi applico in solitudine, e a volte mi fa fare cose (ed avere idee) che stupiscono. Senza dover rendere conto a nessun scomodo "me". Figlio oltretutto di qualcosa che mi sono andato cercando quando non avevo bisogno di quello che sento adesso.

La chiamiamo evasione, trasgressione, o semplicemente "ci siamo rotti i coglioni".
In realtà non sono stufo di nessun'altro e di niente all'infuori di me stesso, in particolare con le donne. Mi presento troppo come nonnetto fratellone grande che dispensa consigli e che si fa problemi se un bacio rubato possa ferire la sensibilità altrui.
Dimenticando che poi a ferirla ci pensano gli altri, e si rimane comunque soli.
Cosa ho trovato all'Art venerdì scorso? Era nata come un'altra serata "cigarettes and alcohol", un modo chimico di dimenticare le proprie sventure, ma (parafrasando Aeon Flux da una parte e Serenity dall'altra, due film easy visti recentemente) "la natura ha trovato il suo corso", ha superato i vincoli (e i freni inibitori indeboliti dall'alcol) e dato finalmente fondo all'attrazione che da sempre porto dentro per le donne. Per la serie menomale che eravamo in pubblico...
Tirando le somme da un lato sento che qualcosa dentro si è rotto o, se vogliamo, sbloccato. Una parte di me ha perso un lucchettino, una serratura si è finalmente tolta dalle scatole, e la trovo molto positiva come cosa, con l'unica implicazione che dovrò imparare a metterla in funzione solo quando è il caso...
Nel frattempo spero che questa primavera tutti i "me" (miei e altrui), che impediscono di raggiungere una felicità o un appagamento viscerale spariscano dall'orizzonte, o si facciano da parte quando diplomazia, schemi, aspettative e ruoli sociali diventano superflui.
Essere sè stessi ha un prezzo che ho pagato tutto Sabato (e me lo porto ancora dentro), ma credo che seguire l'istinto è sempre la cosa giusta da fare, anche se gli altri ci giudicano negativamente. Dopotutto ne vale della nostra integrità.

Chiudo con una strofa di Married With a Children, dedicata al mio io:
"There's no need for you to say you're sorry
Goodbye I'm going home
I don't care no more so don't you worry
Goodbye I'm going home"
 
posted by Stefano at 17:58 | Permalink | 3 comments