Are you gonna be the one who saves me?
29 maggio, 2006
Where are we runnin'?
Ci siamo.
Da domani parte la sessione d'esami, sparo le ultime cartucce prima della laurea, 5 esami ancora da dare (ma tra scritti e orali sono 8 in totale), e poi tesi.
Dove stiamo correndo?
Beh ci sono un paio di cose da dire. Ma procediamo con disordine.
Venerdì (come riportato anche dalla lady in rosa) sono stato all'Area, locale "romanord" che mi ha ricordato parecchio i tempi andati. Con la loro carica di positività e negatività. E come giustamente riportato anche dalla mia compagnia ci sentivamo fin troppo a casa.
L'Area in realtà non è niente di che, si tratta di quattro palanche inchiodate tra di loro, una pista da dieci metri quadrati, un privè tutto intorno (con una quindicina scarsa di tavoli), wc chimici, musica un po' troppo "Goa", doppio ingresso (sfigati e privètizzati), un acquario con pseudosqualetti e tonnellate di pariolini mezzi ubriachi che sgomitano nel privè, lasciando la pista vuota.
Menomale che prima di andare lì mi sono fatto quattro passi in zona Campo/Coppelle/Fico, rischiando come sempre la multa perché il tanto amato sindaco ci ha chiuso il centro anche la notte dei week-end.
Poveri ministri, abitano a Via del Babuino e vogliono dormire! Con tutto il lavoro che fanno il resto della settimana c'è da capirli!
A parte questa parentesi di svago, ho passato mezzo week sui libri, e ho studiato talmente poco che mi vergogno quasi a presentarmi all'università. Menomale che doti di improvvisazione non mancano, e se dovessi andare bene sarebbe la prova che sono davvero nato sotto una buona stella..
Poi ci sono le "coincidenze", o meglio quando tutti si danno appuntamento.
In una data qualsiasi, sabato 10 giugno, sembra che tutti abbiano deciso di fare qualcosa:
- il mio cantautore preferito (messaggio promozionale: www.simonebacchini.com) farà un concertone a "porte chiuse" (72 biglietti in tutto) allo Sciamano Club, locale "romanord" in zona Prati. Ha quasi fatto il sold-out, ormai gli saranno rimasti una quindicina di biglietti. Manco fosse il concerto degli Eagles! ;-P
- il mio trainer di prepugilistica ha organizzato una "master" di due giorni all'Hotel Balletti. Mai stato lì, ma non ne parlano malaccio. Il vero problema è che a lezione con me ci sono più ragazze che in qualsiasi altra lezione di quella palestra. E -tanto per cambiare- le amo (quasi) tutte. Il programma è molto allettante: arrivo nel pomeriggio, cena, spettacolo di Greg (di lilloegreg) con tanto di musica dal vivo, poi discoteca con tanto di dj (di non ricordo quale radio) e infine tutti a nanna. La mattina dopo lezione di prepugilistica con tutte le palestre (ne segue tre, migliaia di donne da tacchinare), breve pausa, aquagym, altra lezione, pranzo, e tutti a casa. Mi sono dimenticato di dire che mi alleno con lui da quattro anni, e conosco praticamente tutti quelli che vengono alla master, compresi quelli che lavorano alla palestra (con cui sono uscito spesso in moto).
- il mio prof di marketing del turismo, quello del libro sulla musica e di She's Electric, ha organizzato una convention fuori Roma che dura tutto il week-end, presso un agriturismo, sul "self marketing", ovvero come promuovere se stessi al meglio. In realtà non mi interessa molto l'evento di per sè, ma voci di corridoio dicono che sarà presente anche lei, She's Electric.
Can I be electric too?

Finita questa breve tiritera ci sono un altro paio di storie da raccontare.
Il primo si chiama "a volte ritornano". Ovvero: l'Art Cafè apre "di sopra", a Piazza di Siena, e c'è nuovamente bisogno di me. E come le più strazianti storie d'amore-odio, dopo una pausa di riflessione sono tornati a cercarmi, ma questa volta (come agli inizi) me la tirerò un po'. La fica questa volta la faccio io. E mi riprendo tutto il maltolto, questo è poco ma sicuro.
Il secondo si chiama "Formentera". Voglio andare lì, ho già imbeccato un paio di colleghi dell'uni. Tutto è nato dall'idea di andare in un posto spagnolo, così esercito la lingua con le spagnole. Chi vuole intendere intenda, ma non si esageri.
Anzi sì.
Tanto il 15 la sessione dovrebbe concludersi e, se riesco a farmi pagare "il maltolto", dovrei avere anche lo "sponsor" per partire. Voglio andare in una casa anziché in albergo, portarmi tre paia di infradito (da abbinare ai vestiti) e nessuna di scarpe, affitarmi un motorino per andare in giro su una ruota e dare il giusto addio a questa lunga stagione di studi.

Giusto qualche sera fa ho visto "Old School", film da vedere quando non si ha voglia di pensare. Una sorta di Road Trip ambientato al college, dove un gruppo di professionisti peter-panisti, laureati già da qualche annetto e con qualche figlio a carico, si ritrova immerso nelle vicende collegiali, combinandone di tutti i colori.
La storia sorre veloce e divertente. Solito colpodiscena e lietofinebuonista, ma il risultato finale è tutto sommato positivo.

Insomma mi sto chiedendo, ripensandoci, se effettivamente non sia il caso di prendere anche la laurea specialistica ;-D
 
posted by Stefano at 22:55 | Permalink | 3 comments
25 maggio, 2006
John Williams - Imperial March
La colonna sonora che attualmente ricalca il mio stato d'animo è presa in prestito -chiedo venia- da Star Wars.
Classica scena in cui il mio puntino sperduto, impegnato a barcamenarsi nella quotidianità, vede improvvisamente sparire la luce del sole e -come nei fumetti- si volta e lancia lineette in tutte le direzioni.
Sopra di me un incrocio tra lo Star Destroyer e gli enormi dischi volanti di Indipendence Day, che minacciosi si avvicinano e contro cui nulla posso fare, se non limitarmi a subire con qualche timida replica.
Martedì prossimo mi aspetta il primo modulo (scritto) di tecnica pubblicitaria. Esame propedeutico del terzo anno, fortuna che "di mio" ne so già qualcosa.
Mercoledì prossimo (sì il giorno dopo) mi aspetta uno scritto di inglese, è un'idoneità che se non superata non mi permette di accedere alla laurea.
Giovedì prossimo (sì, il giorno dopo del giorno dopo) devo fare lo scritto di spagnolo, prova d'accesso all'orale.

Il primo esame non mi preoccupa eccessivamente, ormai sono alla fine, mi accontento di tutto e so con ragionevole certezza che "comunque vada sarà un successo". E poi tante cose trattate sui testi sono roba trita e ritrita negli ultimi tre anni. Il vantaggio di aver studiato si vede in queste occasioni!
Il secondo esame, tutto sommato, è meno preoccupante del primo: in realtà è lo stesso che fanno le matricole, o poco ci manca, e basta prendere 18 per avere il timbro "idoneo" sul libretto.
Il terzo esame invece è preoccupante. In primis perché lo facciamo insieme alle matricole della facoltà di lingue -che com'è facilmente intuibile vengono da un liceo linguistico- e soprattutto perché anziché essere un dettato o chissà cosa, è un compito di PRODUZIONE linguistica. Ovvero coniugare per iscritto i verbi (con accenti e tutte le peculiarità della lingua spagnola - dicono che ce ne saranno parecchi irregolari) e creare brevi frasi parlando di noi stessi.
Il vero problema è che fanno un solo scritto a sessione. La famosa frase "voglia di lavorà, saltame addosso", anche se effettivamente non e' con due settimane in più che si impara lo spagnolo. Il vero problema è quanto loro vogliono che noi lo impariamo, e quanto ne possiamo imparare con un semestre soltanto di lezioni (e un libro di 250 pagine fatto pure a cazzo di cane).

Saranno cazzi, anche perché se non lo passo se ne riparla a settembre e -come sappiamo- io per settembre DEVO aver finito ogni esame per poter passare l'estate a fare "ricerca sotto l'ombrellone".

Detto questo, voglio annunciare ufficialmente che fa caldo. Ormai porto infradito e pantaloncini a casa (volendo anche fuori, ma evito volentieri show di tronchetti bianchi e pelosi in mezzo alla gente), non riesco più a mettere magliette a "manica lunga" neanche di sera, e dopo un quarto d'ora al sole sento già un certo odorino di "cotto", dovuto alla mia carnagione apparentemente albina, ma presa in prestito da un incrocio tra una medusa e Gollum.
Domani è di nuovo venerdì, ormai me ne passano sotto il naso a grappoli, e mi sembra veramente ieri quando scrivevo qui di Emily, il mio stage all'Art Cafè, il Jazz e Gospel Festival e tutto il resto.
Come sempre non c'è tempo di fermarsi, ma più vado avanti, più mi accorgo che le cose mi piombano addosso, quasi come non me lo aspettassi.
È successo a Natale, con gli appelli di Gennaio, e di Febbraio. È successo con le brevi festività, con la primavera e il mio compleanno che, troppo vicino a Pasqua, mi ha colto di sorpresa. Vanificando le mie velleità di ennesima festona alcolica in mezzo ai miei mille amici.
Sta succedendo ancora, già lo so: il mio cuore si è lanciato al 15 luglio, fine ufficiale di questa ultima sessione, e impaziente batte lì pronto per l'ultima estate da passare all'insegna del "faccio quello che cazzo mi pare", visto che il 2007 (ce lo auguriamo un po' tutti) dovrò cominciare a passarlo incastrato tra una sedia e una scrivania. Magari di quelle in impiallacciato e fòrmica, con un pc che fa le bizze (e che non posso riparare perché non ho accesso administrator), e un telefono che squilla solo quando devi andare a prendere altri fogli da fotocopiare. Per 600 euro al mese se va bene, e un contratto a rinnovo settimanale.
Scena patetica lo so: giacca appesa sullo schienale, camicia azzurra un po' sgualcita e larga, cravatta improbabile, pantaloni cadenti... qualche capello in meno (ma sempre spettinato), occhio da panda e occhiali perennemente unticci.
Ditemi che non sarà così.
Ditemi che mi apparirà Obi Wan Kenobi è mi sussurrerà "usa la forza"...
 
posted by Stefano at 15:05 | Permalink | 7 comments
22 maggio, 2006
Alien Ant Farm - Smooth Criminal
Stamattina, quando mi sono alzato, ho vissuto un episodio abbastanza particolare.
Dopo il solito routinario processo di risveglio, mi sono trovato davanti allo specchio, spazzolino da denti in una mano, dentrificio nell'altra.
Non ero solo: piccole formichine, ghiotte degli aromi zuccherini contenuti nei vari dentifrici a mia disposizione, giravano per tutto il lavandino a caccia di altro cibo, da portare e condividere con tutto il resto del formicaio, ricavato in chissà quale anfratto del mio palazzo.
Non so se sono l'unico, ma ho cominciato con notevole disagio a lavarmi i denti.
La prima -piuttosto ostinata direi- era proprio tra le setole del mio spazzolino e, non so perché, anziché aprire il rubinetto e spazzarla via, l'ho soffiata sullo specchio.
La seconda era sul tappo del dentifricio, e appena l'ho aperto ha trovato il modo di passare all'interno, così che se avessi richiuso il tubetto l'avrei schiacciata. Anche lei dopo un'inutile schermaglia l'ho levata con un rapido soffio.
Le altre imperversavano (non erano tante, meno di una decina) per il lavandino, chi sopra, chi proprio vicino al tappo.
Ho aperto l'acqua con circospezione, sperando che i piccoli schizzi avrebbero svegliato l'istinto di conservazione della più audace di tutte, permettendomi così di poter inondare il lavandino per i fatti miei. Purtroppo uno schizzo l'ha colpita e l'ha trascinata via con se, attraverso il buco nero, nell'oblio.
Un'altra formica è rimasta uccisa quando mi sono appoggiato sul bordo del lavandino: passava di lì e ne ho fatto una minuscola polpetta. Un'altra ancora è scivolata giù, è finita risucchiata dalle rapide frammischiate a dentifricio, e anche lei ci ha abbandonato.
Una però l'ho salvata, era rimasta sotto una grossa goccia, l'ho raccolta con il lembo di un po' di carta gienica e, dopo brevi attimi in cui ho temuto il peggio, si è riavuta e ha ripreso con le sue antennine ad esplorare l'apparente macrocosmo del mio bagno.

Che triste esistenza, quella di un insetto: il mio giacchetto da moto ne ha decine spiaccicati sopra, hanno semplicemente avuto la sfortuna di trovarsi lì mentre passavo io che -manco fosse la pubblicità della Mini- non avrei davvero potuto schivare. Anche queste povere formichine: alcune sul pavimento del mio bagno, ignare e coraggiose, continuano ad esplorare il loro mondo, cercando cibo e arredamenti per il loro formicaio. Alcune muoiono di vecchiaia nel loro formicaio, quale fortuna!

Poi mi è capitato di vedere il filmato, rilasciato a distanza di anni, degli attacchi dell'11 settembre, in particolare quello dell'aereo che si sarebbe schiantato sul Pentagono. Ammetto che lì per lì non c'ho fatto caso all'aereo -si vede solo un gran botto-, ma mi sono domandato perché la data è errata. Ho cercato un po' su google, per sapere di più su questo strano errore, specialmente perché mi pare strano che il quartier generale del più potente esercito al mondo abbia la videosorveglianza fuori uso.
Ma se non altro dovrebbe essere autentico: chiunque si metta a rimaneggiare le immagini potrebbe benissimo correggere quel 2 (c'è scritto 12 settembre).
Sono finito su un sito cosiddetto "cospirazionista", cioè che ritratta completamente la tesi di un attentato terroristico agli Stati Uniti, parlando invece di un diabolico piano governativo dagli scopi più biechi e impensabili.
Niente di nuovo sotto al sole, già Michael Moore ha seguito orme trite e ritrite contro il governo Bush, e mi importa poco fornire la mia versione "cospirazionista".
Anche perché non ne ho una, e non ho la minima intenzione di "fabbricarmela".

Ammetto però che un po' troppe cose non tornano. Già all'epoca il crollo fu commentato da un mio amico fisico come "troppo perfetto", e che probabilmente quei grattacieli erano stati progettati in modo che -in caso di accumuli d'energia troppo forti- si sarebbero "autodistrutti" collassando su sè stessi piuttosto che franare su mezza Long Island.
Stranamente però la versione ufficiale parlò di incendi, temperature altissime, acciaio fuso.
Poi il video: quello che si è schiantato -ufficialmente- è un aereo di linea, ma è fin troppo evidente dalle immagini che a schiantarsi sul Pentagono non è un aereo di linea. È qualcosa di molto più piccolo.

Ho letto qua e là i documenti proposti, ammetto che alcune teorie sono un po' "audaci" ma.. mi sono tornate in mente le formichine di stamattina.
Che poveracce si trovano ignare nel posto sbagliato al momento sbagliato, e una semplice lavata di denti per loro diventa un'ecatombe.
Onore e memoria alle vittime del 9/11, chiunque siano gli "smooth criminal" che si sono resi colpevoli.

E speriamo che qualcuno di loro non si "lavi i denti" da queste parti.
 
posted by Stefano at 21:46 | Permalink | 0 comments
17 maggio, 2006
Don't let me be misunderstood
Qui ci vuole una macumba: scacciare la banalità dal mio blog.
Rileggendomi mi chiedo chi abbia ancora il coraggio di cliccare questo link. Di rivedersi l'argentea wonderwall stremata e annoiata dai miei sproloqui. Sembra quasi sul punto di stramazzare definitivamente.
La canzone di oggi (ben 10 minuti di bontà) non è propriamente brit, ma ricalca questo sound latino che un po' a forza mi sto iniettando: l'esame di spagnolo si avvicina senza rallentare neanche un po', e per rimediare mi sono messo a prendere ripetizioni (in culo alla luna) di spagnolo con una mia collega dell'uni da una sua amica laureata in lingue. Praticamente mi devo fare 50 chilometri di statali e provinciali (oltre al tratto cittadino), ma almeno uso le moto anche durante la settimana, e senza lessarle nel traffico. Inoltre ho anche incominciato a capire cosa dicono a Italospagnolo (no, le parti in italiano le capivo anche prima ;D).
Ma parliamo di cose serie.
Cosa succederebbe se una tua collega universitaria, tua coetanea, anche lei impicciata con il lavoro, che ti ricorda fin troppo una tua ex, ti facesse gli occhi dolci?
Quello che deve succedere! O almeno dovrebbe!
La mia schiavitù per il sesso femminile ogni volta si rivela in tutta la sua crudeltà: un paio di sguardi carini, un vestitino curato, una battuta catalogabile come "light flirt" e il gioco è fatto.. insomma sono il classico allocchetto che nei film strabbuzza gli occhi per una bella figliola, e nel frattempo gli combinano qualcosa sotto al naso. E che per lei ha già smobilitato amicizie tra i prof, fatto scorre il sangue del (solito) povero libraio.. le ho perfino fatto un paio di scritti qualche sessione fa, perché lavora in negozi e uffici e non ha la fortuna di abitare a 2 km dall'università.
Infatti abita fuori Roma, a 45km da qui. Come una delle mie ex, ma dall'altra parte.
Ed è tremendamente, terribilmente carina. Mostruosamente dolce.
E credo infinitamente attratta da me, ogni volta mi riempie di complimenti, mi dice quanto sono ingamba.
L'altro ieri eravamo dalla ragazza di spagnolo (laureata in lingue, sempre nostra coetanea), che tra l'altro abita ancora più lontano, le avevo appena stretto la mano.
E lei mi imbarazza subito dicendo "vai tranquilla con lui, è un genio c'ha una testa da paura!".
Tutto perfetto no? Anche perché mi piace da morire!
In verità no. La prima coltellata mi è arrivata qualche tempo fa, anzi parecchio, quando mi ha detto "il mio ragazzo...". Non ricordo il resto della frase, perché ero troppo impegnato a vedermi crollare addosso il castelloinaria che m'ero fatto. Con quegli occhietti chiari, quei modi di fare così timidi, ma con due parole mi ha dato una mazzata alla Hulk Hogan.
La seconda è arrivata poco tempo fa, eravamo fuori dall'uni. Anche lì si parlava del più e del meno, quando mi ha detto "eh pensa che con il mio ragazzo stiamo insieme da quasi 6 (six, seises, sechs) anni, non sai che BELLO!". Non ricordo se sono passato per epilettico, ma praticamente volevo morì.
Anche perché contrariamente a quello che si potrebbe pensare, odio "portare via" una donna quasi accasata a qualcun'altro. Anche perché ci sono passato, uno stronzo c'ha provato a portarmi via la mia ex.. Con il senno di poi peccato che non c'è riuscito, ma questa è un'altra storia.
E fin qui, però, nulla di male: in sala macchine hanno ridotto l'andatura, l'equipaggio sta più tranquillo, e io vivo sereno nella condizione in cui "spero che sarà felice con lui, ma se "ci casca" meglio per tutti e due". Solita convinzione che io sono meglio di "lui", anche se non lo conosco (e ci mancherebbe! Poi altro che tafazzi!). E solita frase alla Via Col Vento: se non sarò io a poterle dare l'eterna felicità, pregherò e farò di tutto perché la trovi comunque.. anche con un altro..
L'altro ieri, dopo una deliziosa lezione di spagnolo in cui ho avuto l'ennesima prova che le piaccio, il colpo di grazia: l'insegnante le chiede "allora quando convolate(!!!) a convivere insieme?" soggettosottinteso LUI. Classica situazione da svenimento. E lei "eh spero presto, non sai che bello ieri (Domenica) all'Ikea abbiamo preso la cucina nuova, ormai manca poco e finalmente me ne vado di casa!".
Ecco queste sono cose che fanno male. O meglio non ti fanno capire un cazzo.
Quando mi vede arrossisce, e vistosamente direi.
Quando la guardo negli occhi abbassa lo sguardo. Vabbè timidezza?
Quando è da sola mi parla per ore al telefono, quando sta con "lui" non fiata e mi liquida subito.
Alla lezione -ok sono diabolico- ho cominciato a fare il mezzo tacchino con l'insegnante. Niente di che, ma tutta la rabbia agonistica accumulata con lei l'ho sfogata con battute in italospagnolo (ma non come fabiovolo) che hanno deliziato la compagnia, e costretto la mia collega ad esporsi più del dovuto. A mettersi goffamente ma dolcissimamente in mostra.
E poi i complimenti, le confidenze (di tipo rigorosamente professionale, di lui non mi parla mai..).
Che casino. Menomale che tra un po' mi laureo, lei abita lontanissimo e non la vedrò più.
E forse la smetterò di innamorarmi, poco alla volta, di tutte. Contemporaneamente.

'Cause I'm just a soul whose intentions are good
Oh Lord, please don't let me be misunderstood
 
posted by Stefano at 01:35 | Permalink | 1 comments
14 maggio, 2006
Freedom Train
Il bello di essere single: posso fare tardi quanto mi pare, posso tenere spento il cellulare fin dalla mattina.
Posso preparare la valigia tra 5 minuti e andarmene da qui, magari in moto, e smettere di guidare al tramonto, quando il sole si posa su un mare che in realtà è l'oceano.
E posso anche non accenderlo più quel cazzo di cellulare, e Wonderwall resterà qui sola, per sempre. Lascerò anche lei.
Anche se Wonderwall è la donna ideale. E che forse è l'unica che può salvarmi.
Anche se sta sempre lì, non mi parla mai. E non si arrabbia se ognitanto vado con un'altra.

Sento una carica dentro molto potente. Una forza che accende la mia voglia di fare. Che mi fa spingere di più sul pedale, che mi fa girare di più il polso destro.
Sento idee scalpitare, sensazioni ribollire.
E tornerò a combattere, a soffrire, a gioire. A mettermi in gioco.
Chi viene con me?

It's on the freedom train.
Come on dance on the freedom train.
 
posted by Stefano at 03:50 | Permalink | 2 comments
11 maggio, 2006
Teenage Wasteland
Non è un caso che Who's Next sia uno dei dischi più belli di tutti i tempi, di quelli che già con un ascolto superficiale -senza neanche ascoltare le parole- fanno cambiare il ritmo cardiaco e ti fanno respirare in quattro quarti.
Sono tornato da poco (un paio d'ore abbondanti) dalla mia scorribanda milanese.
Non voglio entrare nei particolari, ma un paio di eventi meritano di essere raccontati.
Iniziamo con il cinema Multiplex Arcadia di Melzo. Ho visto Mission Impossible 3 nella sala Energia, quella che dicono la migliore in Italia per qualità video e audio. Dico solo che lo schermo è largo circa 30 metri (alto 16) e ospita 630 persone, e ogni film (anche il più insulso) risulta essere un evento. Anche perché è certificato da George Lucas in persona, e quando parte il trailer THX poco ci manca che succeda come nelle puntate dei Simpson.
Il secondo riguarda questo spaccato di vita familiare. Sono stato ospite da un amico di vecchia data (di Roma), che si è sposato un anno e mezzo fa (con una ragazza di Roma), e che sta finendo di traslocare nella casa accanto a Milano (grande il doppio).
Ho passato un paio di giorni tra l'Ikea, Castorama e negozi di elettronica; spostando mobili, montando prese elettriche, mensole e armadi.
Quella che ho vissuto forse è una specie di "teenage wasteland".
Spolverando i ricordi della mia vita di coppia, ricordo come i momenti di silenzio in certe occasioni non erano dovuti a momenti di contemplativa condivisione reciproca, ma la classica situazione in cui non c'è niente da dire.
E ho scoperto come la quotidianità sia terribile in una coppia che divide un tetto ogni giorno, ogni ora, al di fuori del lavoro. E che ha promesso davanti a tutti quelli che li conoscono, ad un sacerdote, e a Dio, che sarà così finchè avranno un briciolo di vita in corpo.
Che succede quando due persone scoprono di amarsi al punto di essere pronte a vivere per sempre insieme? E che succede quando finalmente lo fanno?
Mi sono chiesto se si tratta di una normale tappa di questo percorso insieme, o se parliamo di una nuova sfida da affrontare insieme, dopo che tutte le altre sono state vinte.
Anche perché diciamocelo, non è facile!
Innanzitutto bisogna trovare la donna giusta, e convincerla che tu sei l'uomo giusto. E non è banale.
Poi si devono convincere un po' tutti sulla positività dell'evento: la vita di coppia ruba tempo ad amici e familiari (che c'erano prima di lei/lui!), e far accettare la nostra metà tra le conservatrici mura familiari (e quelle degli amici di sempre) non è proprio una passeggiata.
Superato un periodo di reciproca prova, arriva il momento del matrimonio, quando la coppia decide che i giochi sono fatti, il mercato è chiuso, non si è più su piazza, "ormai stiamo apposto". Una scelta importante, che apre le porte del mondo adulto.
Questa è una delle fasi fondamentali nella vita di chi ha deciso di sposarsi.
C'è la casa (che respira a pieni polmoni nella metafora del nido), da arredare insieme, scegliendo i singoli mobili, il colore delle pareti. Ci sono le spese da fare insieme, le prime cene insieme, le domeniche mattina in ciabatte, le bollette e tanti casini che rubano -sempre di più- il tempo che prima si passava ruttando tra amici e birre, tra amiche e lenzuola o sedili, in giro per il mondo... e in tasca il sogno di vivere una vita che -una volta avuta- forse non è proprio come ce la dipingono. O come hanno voluto inculcarci i nostri genitori.
Penso che forse i tempi sono cambiati -e che non sono pronto ad una vita simile, ma s'era capito- perché rifletto anche su altri parametri di famiglia che ho visto da vicino. Anzi vicinissimo.
Penso a mia nonna, che ha seguito mio nonno ovunque (girava tutta Europa per lavoro), e gli è stata vicina, accudendolo in anni e anni di recente e tragica malattia. Fino alla fine. Come reagiremmo se una persona che ha visto con noi la vita dei figli e la morte di una guerra ci stesse abbandonando poco alla volta? Non una troncatura netta, ma un lento spegnersi, allontanarsi da quei sorrisi e quei momenti di meritata poesia, in un mondo sotto macerie e propaganda dalla radio a valvole.
Ho visto uno sguardo di profonda infelicità quando tutto è finito. Dopo anni di straziante ricordo. Quando il matrimonio è finito, quando si pregava il contrario.

Mi chiedevo insomma cos'è questo matrimonio. Un non-luogo dove troviamo un posticino nell'universo, in pace con il cosmo? O un luogo di abbandono, una scelta obbligata al pressante incedere del tempo e dei familiari?
Teenage Wasteland?
Un altare dove decine di migliaia di giovani immolano la loro quotidiana spensieratezza, in onore di un qualcosa che non ho ancora capito.
Forse perché non mi sono mai innamorato veramente, forse perché ho visto troppi coniugi (nonostante la mia età!) raccogliere cocci e bagagli per tornare a vivere da soli. Ma forse perché ho visto con i miei occhi anche chi ha passato un'intera vita di coppia essendo una cosa sola.
Non è un caso che l'Arcadia e il matrimonio condividano Baba O'Riley come colonna sonora: sto davvero sprecando la mia giovinezza tra cinema e superalcolici, rinunciando a vivere con occhi giovani e innocenti una vita di coppia sotto lo stesso tetto, per sempre?
... cosa rimane del matrimonio se si prova già tutto prima?

Don't cry
Don't raise your eye
It's only teenage wasteland
 
posted by Stefano at 02:42 | Permalink | 3 comments
05 maggio, 2006
Space and Time
Una ninna nanna, una "lullaby" questa sera per me. Vorrei solo dormire, per una volta, senza pensare a nient'altro.
E invece è quasi un peccato scoprire così, di schianto, quanto questa gabbia dorata stia cominciando a diventare sempre più piccola. Come quando da bambini si cresce felici in quei "cesti" di rete pieni di giocattoli e, un bel giorno, decidiamo di arrampicarci per uscire.
Le prime volte si arriva in cima, si riesce per un attimo a non vedere più tutto a scacchi, ma poi si ricasca giù. Altre volte cel'hai quasi fatta, ma arrivano mamma e papà a rimetterti al posto tuo. Dimenticando che prima o poi da lì dovrai uscire, è solo questione di tempo.
Nel frattempo, tutto a scacchi. E una ninna nanna ti fa chiudere gli occhi.
Domani (cioè oggi) parto. Vado a Milano a cazzeggiare, a svagarmi un po', subito dopo la fine dei miei project work che sono capitombolati avanti di una settimana.
E rinuncio alla festa di una persona a cui -ma sì diciamolo- tengo. Una di quelle che ognitanto ci usciresti anche per fare due chiacchiere, che non le guardi subito le tette se ci scappa la scollatura (anche se meriterebbe) e che forse ti farebbe di nuovo vedere il mondo a colori.
Ma poi un po' per il destino, un po' per il carattere pericolosamente simile ed evasivo, continui a riprometterti almeno un aperitivo, e finisci a chiederti "che ci faccio ancora qui".
Dovrei svegliarmi. Come ho fatto queste mattine, che ho piazzato la sveglia e ho fatto mille cose in più rispetto al solito. Rinunciando però alla mia dose quotidiana di riflessioni, quelle che ti vengono solo di notte.
La notte è qualcosa che merita un paio di righe, magari non la scriverò ai livelli di Liga, ma sarebbe non dare il giusto contributo a chi mi accoglie e accompagna quotidianamente.
Penso che la notte abbia una vita propria. Sia un'entità a sè stante, che fa quello che deve fare anche se tutti dormono.
Di giorno si lavora, si suda, si corre, si becca il traffico. Ci si mette all'ombra quando fa troppo caldo, si corre contro il tempo per fare mille cose. I negozi, gli uffici postali, le nonnette al mercato. Tutto di giorno.
Di notte non c'è tutto questo intrattenimento. Il giorno lo facciamo noi, la notte no. È lei che fa noi.
Per alcuni la notte è sinonimo di sonno, e di sogni. E per tanti di notte, in sogno, si vivono esperienze migliori del giorno.
La notte è anche la rivincita degli altri sensi. Venuta meno la vista (non siamo come i felini che -si dice- vedono anche al buio) l'olfatto comincia a captare quegli odori, quell'umidità, le piante che senza sole producono "co2". Trasmettendo a volte un senso di subdola rarefazione.
E le orecchie, che sentono tutti quei rumori in lontananza, a volte animali, a volte aerei, a volte chissà cosa. Un mondo di favola si sveglia ogni notte, e finalmente il primato della vista (lo Zeus nell'olimpo dei sensi) viene meno lasciando spazio alle controparti meno autoritarie.
Sollevando quest'aura di bucolica vita urbana devo anche interpellare gli altri due sensi, meno poetici ma altrettanto utili: il tatto per non prendere tranvate mentre cerco il bagno, e le papille gustative per i mega panini che mi preparo a tutte le ore della notte!! Quelli valgono doppio!

Tornando alle cose serie, ho qui davanti la sessione d'esami. O meglio l'intricatissimo calendario degli appelli, che sgomitano tra una settimana e l'altra. Costringendo alle capriole l'agenda, e fomentando l'insofferenza verso il povero libraio che -improvvisamente- si trova orde di studenti prepotenti, pronti ad avere il suo scalpo se in un batter d'occhio non gli dà quel libro dell'esame.
Ancora cinque esami. Sono solo cinque, come le dita della mano. Come il Pentateuco, come il pentagono. Come i comandamenti islamici, come i cerchi delle olimpiadi.
Come le cinque giornate del quarantotto, come i punti del "contratto con gli italiani" che Berlusconi firmò cinque anni (e qualche giorno) fa.
Cioè oggi, il cinque maggio.

I just can't make it alone
Oh, no, no
There'll be no lullabies
There'll be no tears cried

We have existence and it's all we share
 
posted by Stefano at 01:06 | Permalink | 3 comments