Il ghiaccio ha fumato sotto il Kalua che, poco prima di mischiarsi in un Black Russian, mi ha fatto immaginare quanto caldo stessi sopportando.
Poco male: le quattro bottiglie di vino che l'hanno preceduto (fortunatamente non tutte per me) avevano già anestetizzato il mondo circostante.
La ragazza al bancone mel'ha consegnato come fa con centinaia di altri uguali. Alcuni li mischia, altri li agita. Due cannucce dentro e il gioco è fatto.
Alla cassa il proprietario, che con un ghigno ti fa pagare un bicchiere come una pizza e una birra. Anzi due dei tempi andati.
Poi la lancetta del contagiri. Quella della macchina che, poco più di un'utilitaria, corre verso casa, sopportando i gesti violenti che i miei piedi devono fare sui pedali.
Acceleratore fino in fondo. Freno quasi fino a quando entra l'abs.
Incroci, curve, sterzate, tutti momenti veloci e quasi surreali che, attraverso il parabrezza sporco, disegnano un ondeggiante percorso verso casa.
Pausa sigaretta, si esce un po'. La musica a tutto volume, ormai la stessa che travestita da "revival" ripercorre le stesse note di otto-dieci anni fa, fa muovere corpi inondati di alcol. E svuota la testa dai problemi della vita quotidiana.
Non fumo, ma rubo l'occasione per uscire un attimo, per isolarmi da quei momenti di alcolica solitudine dove uno sguardo accende gli appetiti ormonali. E dove ti senti falsamente leggero.
È l'occasione per respirare un po', per scappare dalla cappa che tanti corpi in movimento creano. Scaldando l'ambiente ma non l'animo.
I lampioni si susseguono, il volante segue una riga bianca intermittente. Una voce dentro ti dice che stai correndo troppo, ma non l'ascolti.
Sai che dietro quella curva, oltre quell'incrocio potrebbe esserci qualcosa che -con uno schianto- fermerebbe una folle corsa verso il tuo letto.
Un letto che ti accoglie beffardo ma sempre disponibile. Ti aspetta quando sei così stanco da non riuscire a fare due più due. Che ti strappa alle tue illusioni, e ti ricorda quanto sei solo. E che ti trattiene quando la mattina smetti di sognare, e riaprendo gli occhi devi mettere un piede dietro l'altro in un mondo che non ti vuole vedere. E accogliere.
Una fuga.
Una fuga da quel luogo inutile, sudato, surriscaldato. Privo di ogni sentimento.
Una bottiglia di Crystal. Dicono sia il meglio che c'è. La portano in un cestello pieno di ghiaccio, alzandola come un trofeo. C'è anche una specie di bastoncino luminoso, di quelli che si usano a capodanno. Serve per far vedere a tutti cosa stanno trasportando. Una sorta di celebrazione.
La stappi, la distribuisci. Sai che quella bottiglia costa come una settimana a Formentera. Ogni goccia potrebbe sfamare in quel momento un bambino da qualche parte nel mondo.
E sai anche che non l'hai pagata tu, ma chi sta festeggiando la sua sudata laurea.
Non è il meglio che c'è. Non vale nulla, sono solo bollicine con il gusto di sempre, magari più raffinato, magari meno invadente. È qualcosa che il palato ha già conosciuto, magari in una veste non proprio uguale.
Ma è anche un simbolo, un segno della propria forza economica.
È paradossale scoprire come, dopo un'inutile serata a ballare musica inascoltabile, la vita abbia più peso rischiandola. Correndo più del dovuto.
E ringraziando Dio di averci dato questa dote al volante, di saper guidare bene. O abbastanza bene da tornare a casa interi.
Interi fuori, perché dentro sta continuando inesorabile la distruzione.
È la campana di vetro, quella sotto la quale siamo cresciuti.
Ad ogni rintocco s'incrina sempre di più, e fa entrare l'aria inquinata della vita vera.
Ero piccolo e mi divertivo con una risata, imitando un animale tra amici.
Oggi devo svuotare la testa, dicendo no alla droga, ma rimanendo imbalsamato fino al secondo cocktail.
È tutta colpa mia: sono cresciuto sotto una campana di vetro così bella, così confortevole, che il trauma della quotidianità, l'abitudine al divertimento effimero prendono il sopravvento.
E mi sento solo.
Ci sentiamo soli.
E per sentirci vivi dobbiamo rischiare la vita.
...quanta amarezza in questo post... sapendo poi che è stato scritto prima della cena di sabato... mi spiego quel tuo umore così poco accomodante, così poco da te...
Dai che oggi c'è il sole... non è niente di concreto... ma un po' aiuta, no?
^_^